Perché un’abruzzese tifa per la Roma

ROMA – Chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi di fronte ad una lunga scalinata. Pensate di cominciare a salire i gradini, di sentire avvicinarsi ad ogni passo migliaia di voci che intonano la stessa canzone. Le parole che riecheggiano raccontano storie di vite di persone che non si sono mai conosciute tra loro, e che tuttavia sono legate da un unico filo rosso, o per meglio dire, giallorosso. Sì, è vero, questi non sono i tempi migliori per scegliere di essere romanista, ma se c’è una cosa che si impara varcando i cancelli dello Stadio Olimpico per guardare una partita della Magica è che iniziare ad amarla non è quasi mai una scelta. E’ più una vocazione.

“Er tifoso romanista dei tifosi è sempre er più”, dice non a caso l’inno della squadra, perché sì, tifare Roma è come credere in un dio, e come tutti gli dei l’AS Roma può regalare tanta gioia ma anche punire con parecchio dolore. E diciamocelo, negli ultimi anni la dea giallorossa non è stata poi tanto misericordiosa con i suoi fedeli tifosi. Sì, è vero, sono lontani i tempi di Conti e Falcao, e anche quelli di Totti e de Rossi sembrano ormai appartenere al passato. La Roma è orfana delle sue bandiere, e il peso della loro assenza si fa sentire tutto, senza sconti.

Ma, come spesso succede con ogni grande amore, è proprio nei momenti di difficoltà che si misura quanto è saldo il legame tra gli innamorati. E nonostante le sconfitte, gli errori, le delusioni e le scelte assolutamente contestabili della società degli ultimi anni, nonostante tutto questo, salendo quella scalinata la scena che ci si prospetterà davanti sarà sempre la stessa: una distesa di corpi immersi in un tripudio di giallo e di rosso, il suono di canti ed applausi che si levano da ogni angolo della curva sud, il terremoto che si genera ogni volta che la palla tocca la rete della squadra avversaria, quando lo stadio sembra stia per crollare.

I volti che piangono per una vittoria insperata. I corpi che si abbracciano dopo una partita vinta. I papà che escono dallo stadio portando in spalla i loro bambini vestiti con la maglia numero 10. Solamente vedendo tutto questo, solamente salendo quella scalinata e sentendosi parte anche solo per un momento della magia romanista si potrà capire quanto vere siano le parole di uno degli inni più cantati della squadra della capitale: unico grande amore de tanta e tanta gente che hai fatto innamora’.

Federica Di Nardo

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Autore dell'articolo: Redazione